Industrie tessili: come recuperare e valorizzare i cascami

Ormai viviamo in un’epoca in cui riciclareè diventato fondamentale, sia per ridurre l’inquinamento, che per evitare gli sprechi. Gettare i rifiuti differenziandoli, però, è il primo passo per privati e aziende, ma ne sono necessari molti altri perché il sistema del riciclo sia veramente efficiente. Ad esempio, è sempre più frequente il recupero di cascami tessili da parte di imprese che producono abiti, calze e simili. Le fibre che è possibile recuperare possono essere sia naturali, come la lana, il cotone, la iuta, che sintetiche e a base plastica, come ilnylon e altri poliammidi. Ogni elemento viene affidato a ditte specializzate, che lo trattano in maniera ottimale per ricavarne fusioni o filati da impiegare in prodotti nuovi. La prima fase consiste nell’imballare per mezzo di una pressa idraulica gli scarti dei tessuti naturali, per renderli pronti all’uso e nell’inserire invece le materie plastiche in granulatori che li riducano in parti più grossolane.

Il cotone, in particolare, è un tessuto molto versatile che deve la sua elasticità alla presenza o meno di acqua e può essere reimpiegato per creare abiti in jersey o semplicemente filati: il cotone riciclato mantiene tutte le sue proprietà se lavorato correttamente e consente di realizzare nuovi prodotti praticamente all’infinito.

Più calda e derivante da ovini, conigli o camelidi, è la lana, che rappresenta un tessuto prezioso soprattutto d’inverno e abbellisce gli abiti, oltre a renderli più confortevoli. La sua rigenerazione richiede una pulizia e una sgrassatura profonde, che la riportino al colore originario, come se l’animale fosse stato appena tosato. Termoisolante per eccellenza, ripara dal caldo eccessivo tanto quanto dal freddo, quindi si presta a molteplici lavorazioni.

Un altro materiale che è possibile riciclare con successo è la viscosa, molto simile alla seta ma più economica e ugualmente morbida e vellutata al tocco. Anch’essa è talmente versatile da poter essere impiegata sia nei vestiti che negli pneumatici. Si ottiene aggiungendo soda caustica alla polpa del legno o al cotone stesso, e a questo procedimento viene poi aggiunto del solfuro di carbonio: a seconda di come si lavorano le fibre, si può trasformare in fogli di cellophane o in rayon, altro tessuto molto simile alla seta. Ne consegue che riciclare la viscosa risulta utile sotto moltissimi punti di vista.

Il sintetico nylon, invece, può essere suddiviso e riciclato come Poliammide 6 o Poliammide 66. Pur essendo molti simili, tra questi due filati il secondo è il più diffuso. La proprietà maggiormente apprezzata del nylon è la resistenza, anche quando ne vengono reimpiegati i cascami: si può tingere senza problemi, è estremamente elastico e non si usura facilmente. Spesso si unisce a scarti di elastomeri, tessuti che, come suggerisce il nome, hanno proprietà elastiche eccellenti e subiscono lavorazione quali lo stampaggio e la vulcanizzazione per esaltarne proprio queste caratteristiche.

Un polimero molto utilizzato nell’abbigliamento sportivo è il poliestere, particolarmente resistente e perciò impiegato persino nei tessili tecnici come gli apparecchi medicali o i dispositivi di sicurezza. Mescolato al cotone, risulta più confortevole sulla pelle e, sempre a livello di resistenza, non viene danneggiato dal calore, né dagli agenti chimici. Resiste ai lavaggi più aggressivi e non si sgualcisce, oltre a durare nel tempo.

Il tessuto acrilico, invece è un monomero, ossia realizzato a partire da una molecola semplice da cui poi possono derivare i polimeri. Simile alla lana, anche se meno morbido, il tessuto acrilico viene reimpiegato per creare abiti o calze, mescolato proprio alla lana oppure al cotone.

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